artematica - torino
artematica è il titolo di una mostra nata con l'intento di coniugare arte e matematica. l'iniziativa si è svolta a torino dal 2 al 7 luglio 2010 presso il salone d'onore dell'accademia di brera ed era inserita nell'ambito della rassegna “esof”: manifestazione europea per la divulgazione della scienza.
click per ingrandire le fotografie
una premessa necessaria.
ogni volta che all'arte viene proposta l'associazione ad un'altra disciplina oppure le viene richiesto di rispondere a requisiti di funzionalità sono spontaneamente portata ad avere una reazione contraddittoria, allo stesso tempo di una grande aspettativa finalmente soddisfatta offuscata però da un velo di diffidenza. non perché questo non sia plausibile, necessario e talvolta addirittura indispensabile, tanto più in un contesto come l'attuale votato alla multimedialità e interdisciplinarità, la sensazione piuttosto è quella di chi voglia far fare a qualcuno ciò che quello farebbe spontaneamente e senza troppa retorica togliendogli così un po' di quel piacere spontaneo che accompagna questo tipo di esperienze. una cosa infatti è il doversi adeguare ad una richiesta più o meno pressante, altra cosa, ad esempio, rispondere a criteri di funzionalità affrontati con il piacere di confrontarsi con i limiti e le necessità del contesto specifico di riferimento o in cui si sta operando. in questo caso non solo il percorso è inverso ma sovente sono gli artisti o operatori stessi a sottolineare una maggiore esigenza di aderenza alla realtà mentre può accadere che proprio questo loro approccio sia criticato da chi dall'alto vorrebbe far transitare quelle ricerche solo a determinate condizioni.
parlare di aderenza alla realtà in relazione alla matematica, il linguaggio più astratto per antonomasia, potrà sembrare inappropriato ma sappiamo come ad una maggiore astrazione sovente corrisponda l'acquisizione di strumenti dotati di una maggiore incisività sulla realtà concreta. per questo alla matematica viene sovente associato un pensiero concreto e funzionale a tal punto che la produzione industriale e la società borghese in generale hanno sempre utilizzato e promosso il pensiero scientifico-matematico anche se sovente per scopi che non coincidevano con quelli della società nel suo insieme.
inutile nasconderlo si tratta di un crinale molto scivoloso dove non è facile trovare quell'indispensabile equilibrio tra i due estremi di un'”art pour l'art” più tradizionale, restia a misurarsi con i nuovi mezzi, linguaggi e problemi concreti della realtà in cui viviamo e (l'altro estremo di) una sottomissione dell'arte alle innumerevoli richieste contingenti: propaganda, profitti discutibili, interessi immediati quando non esclusivamente particolaristici, mistificazioni varie, mere formule rassicuranti a cui aderire in modo del tutto superficiale.
naturalmente nessuno può negare che la consapevolezza del clima sociale in cui viviamo, le progettualità e prospettive a questo connesse sia indispensabile e consenta di entrare o meno in sintonia con il nostro tempo ma non è così scontato che questo avvenga entro il prolifico margine di una equilibrata nonché indispensabile interazione.
una sfida che questa mostra sembra aver superato.
questa mostra dissolve molti dei possibili dubbi a cui abbiamo appena accennato. gli artisti e i vari operatori impegnati alla realizzazione di questa iniziativa sono riusciti infatti a superare molti degli ostacoli che un progetto come questo poteva comportare coniugando più elementi senza cadere nelle insidie di un arido tecnicismo, di una narrazione troppo didascalica o di una dipendenza troppo stretta da un funzionalismo di circostanza.
il problema del resto non è solo quello di appropriarsi di adeguati strumenti matematici - d'altronde sempre più parte della nostra esperienza quotidiana - quanto di inglobarli e riconoscerli nella vita di ogni giorno, trasformandoli infine da linguaggio specialistico ed esclusivo in ulteriore strumento o filtro attraverso cui scalfire i tanti muri di incomunicabilità e limiti della conoscenza ancora esistenti. molte in tal senso sono le strade percorribili nel tentativo di avvicinarci ad un concetto allargato di conoscenza che restituisca maggiore profondità e consistenza alle nostre potenzialità e aspettative di esseri umani (e contemporanei) senza per questo escludere la sfera percettiva e più in generale psichica ed esistenziale.
non solo, le opere in mostra “lungi” dall'insistere su di una facile spettacolarità non hanno invece rinunciato al potere comunicazionale e alle tante acquisizioni estetiche, tecniche e materiali proprie dell'arte contemporanea. questo ha reso possibile ad un più vasto pubblico un approccio parallelo immediato, semplice e attraente verso teoremi dalle strane denominazioni spesso percepiti come esotici o altrimenti guardati a distanza con sospetto.
le opere.
click sulle foto per ingrandirle
si tratta di una collettiva che comprende undici lavori basati su quattro teoremi: pitagora, il teorema dei quattro colori, teorema della palla pelosa e numeri primi. a questi sono poi stati poi associati dei simboli corrispondenti ad un concetto matematico: infinito o anello di moebius per i numeri primi, grafo per il teorema dei quattro colori, toro per il teorema della palla pelosa. ogni opera poteva inoltre inglobare uno o più teoremi che nella mostra risultavano contrassegnati da uno o più di questi simboli.
ma, per meglio intenderci, è sufficiente andare al materiale informativo della mostra che più semplicemente riporta in prima pagina la citazione di picasso “l'arte è la bugia che ci aiuta a vedere la verità” a cui segue, questa volta ovviamente ad opera dei promotori dell'iniziativa un “...e così la matematica”. una prospettiva dunque che si propone di dar “conto” delle contraddizioni e innumerevoli sfumature di significato proprie del linguaggio e della realtà in cui viviamo piuttosto che rassicurarci con risultati scontati.
in alcuni casi si è trattato di una vera e propria microesperienza come con l'opera “grafo di königsberg” (1). un percorso attraverso il quale il pubblico era invitato a verificare la fattibilità di raggiungere o meno tutte le opere transitando una sola volta lungo un continuum di linee spezzate. un tracciato ricalcato sul grafico utilizzato da eulero nel 1736 per verificare se, con le stesse modalità, fosse possibile raggiungere le quattro isolette della città di königsberg collegate da sette ponti.
di più immediata evidenza il problema sotteso al “teorema della palla pelosa” reso attraverso alcuni video in cui una mano pettina ripetutamente la testa di una ragazza nel tentativo di dimostrare l'impossibile. “non esiste infatti un campo vettoriale continuo non nullo tangente a una sfera”, proprietà spesso espressa anche come “non è possibile pettinare completamente una palla pelosa”. in questo caso i capelli rappresentano il campo vettoriale continuo mentre la conseguenza del teorema consisteva nell'impossibilità di eseguire una pettinatura che non avesse almeno una “rosetta”.
“la luce dei numeri” è invece un'installazione dove la selezione nell'accensione delle lampadine dà origine ad un numero primo costituito da cifre (1237) anche queste numeri primi, tranne l'uno, che viene assunto come mattone fondatore di tutti gli altri numeri.
entrando nel salone che ospitava la maggior parte delle opere in mostra al primo piano di via accademia albertina al n.6, era impossibile non notare l'installazione dal titolo “cartografie pitagoriche” posta al centro della sala. un'opera che insiste sul teorema di pitagora (2) e sul teorema dei quattro colori che a sua volta recita “data una superficie piana divisa in regioni connesse, come ad esempio una carta geografica politica, sono sufficienti quattro colori per colorare ogni regione facendo in modo che regioni adiacenti non abbiano lo stesso colore”.
si tratta comunque di un lavoro complesso con più contaminazioni e citazioni che ci rimandano a famose nature morte della storia dell'arte, da cezanne a morandi a van eyck, con tanto di oggetti di repertorio: tavolo, bottiglia, bicchiere e frutto dipinti nei colori primari (giallo-rosso-blu/verde). il tutto poggia all'interno del numero minimo di linee necessario per ottenere una figura o un“effetto di superficie”: un triangolo (rettangolo). sui suoi lati insistono a sua volta le aree dei quadrati dedotti dal teorema di pitagora ed entro i quali troviamo proiettata l'immagine dell'installazione stessa (per lo più) risolta cromaticamente.
estremamente essenziale l'opera “orchestra di numeri primi” costituita da solidi di diverse grandezze le cui proporzioni geometriche sono ricavate appunto dai numeri primi (3). si tratta di parallelepipedi in medium density naturale sui quali è possibile camminare e interagire. dalla pressione esercitata dai nostri piedi è possibile infatti verificare lo scaturire di varie sonorità e composizioni ispirate alle congetture sui numeri primi.
click per ingrandire la foto
“2-0-1” è una sequenza di numeri preceduta dalla proiezione di fotogrammi sulle mani. due o più mani si incontrano e sovrappongono a sottolinearne le tante possibilità compositive e comunicative. mani assunte quali simbolo di comunicazione ma anche, attraverso le dita, base del sistema decimale e uno dei primi strumenti con cui contare. a queste segue una sequenza numerica che “aumentando si azzera”. il video infatti è ispirato all'ipotesi di riemann, secondo cui “l'andamento della funzione zeta risulta legato alla distribuzione dei numeri primi immersi nell'insieme dei numeri naturali”. seguono dunque sequenze di numeri composti da 0-1-2, quasi a significare le fasi della vita, il nostro non essere prima della nascita, quindi il diventare individuo poi coppia (quale forma minima di relazione) per poi tornare di nuovo all'uno e allo zero del nulla. il tutto appare proiettato su di un quaderno che, come ci ha spiegato uno degli artisti del “gruppo radici”, era anche stato il supporto con cui più sovente si era ritrovato a scrivere durante i suoi innumerevoli viaggi in treno. curioso infine poter sfogliare le pagine di quello stesso quaderno adibito a schermo e constatare la permanenza dell'immagine proiettata sulle varie annotazioni.
nel frattempo sul lato opposto della sala un altro schermo piuttosto originale è dato da un piano formato da più dadi sul quale appare proiettata l'immagine dell'artista stesso intento a tirare i dadi. la nostra stessa esistenza in quanto individui ha forse a che fare con il caso? “dadi divini” è il titolo dell'opera in questione. un riferimento sia alla famosa frase di albert einstein “dio non gioca a dadi” che ad un altro matematico, carl friederic gauss il quale notava come la disposizione dei numeri primi lungo la retta dei numeri naturali sembrasse casuale, proprio come fosse stata assegnata tramite il lancio di un dado. tutte e due le ipotesi risultano quindi citate e ... irrisolte. e in effetti quando non si comprende un problema è facile constatare come tutto sembri privo di senso così come ciò che ha senso in un dato contesto o per un dato individuo potrebbe non averne affatto in un altro contesto o per un'altra persona. la realtà poi è costellata da interspazi che sovente si collocano tra un sistema e l'altro e le relative logiche interne.
ciò che invece euclide era riuscito a dimostrare con una formula considerata tra le più eleganti di tutti i tempi è che i numeri primi sono infiniti.(3)
... ma anche qui sempre più, in particolare quando si affronta il problema dell'in/finito, sorgono questioni intorno ai “limiti” stessi del linguaggio e della sua “tenuta” logica.
click per foto grande
“2-0-1” è una sequenza di numeri preceduta dalla proiezione di fotogrammi sulle mani. due o più mani si incontrano e sovrappongono a sottolinearne le tante possibilità compositive e comunicative. mani assunte quali simbolo di comunicazione ma anche, attraverso le dita, base del sistema decimale e uno dei primi strumenti con cui contare. a queste segue una sequenza numerica che “aumentando si azzera”. il video infatti è ispirato all'ipotesi di riemann, secondo cui “l'andamento della funzione zeta risulta legato alla distribuzione dei numeri primi immersi nell'insieme dei numeri naturali”. seguono dunque sequenze di numeri composti da 0-1-2, quasi a significare le fasi della vita, il nostro non essere prima della nascita, quindi il diventare individuo poi coppia (quale forma minima di relazione) per poi tornare di nuovo all'uno e allo zero del nulla. il tutto appare proiettato su di un quaderno che, come ci ha spiegato uno degli artisti del “gruppo radici”, era anche stato il supporto con cui più sovente si era ritrovato a scrivere durante i suoi innumerevoli viaggi in treno. curioso infine poter sfogliare le pagine di quello stesso quaderno adibito a schermo e constatare la permanenza dell'immagine proiettata sulle varie annotazioni.
nel frattempo sul lato opposto della sala un altro schermo piuttosto originale è dato da un piano formato da più dadi sul quale appare proiettata l'immagine dell'artista stesso intento a tirare i dadi. “dadi divini” è il titolo dell'opera in questione. un riferimento sia alla famosa frase di albert einstein “dio non gioca a dadi” che ad un altro matematico, carl friederic gauss il quale notava come la disposizione dei numeri primi lungo la retta dei numeri naturali sembrasse casuale, proprio come fosse stata assegnata tramite il lancio di un dado. tutte e due le ipotesi risultano quindi citate e ... irrisolte. e in effetti quando non si comprende un problema è facile constatare come tutto sembri privo di senso così come ciò che ha senso in un dato contesto o per un dato individuo potrebbe non averne affatto in un altro contesto o per un'altra persona. la realtà poi è costellata da interspazi che sovente si collocano tra un sistema e l'altro e le relative logiche interne.
ciò che invece euclide era riuscito a dimostrare con una formula considerata tra le più eleganti di tutti i tempi è che i numeri primi sono infiniti.(3)
... ma anche qui sempre più, in particolare quando si affronta il problema dell'in/finito, sorgono questioni intorno ai “limiti” stessi del linguaggio e della sua “tenuta” logica.
”.
il successo che in questi anni sembra arridere ai numeri primi trova ulteriore conferma in un'altra opera molto interessante dal titolo “la cattura dei numeri primi” dove, in un video ispirato alla fisica fondamentale, vediamo gruppi di persone intenti ad attraversare uno spazio. qui è possibile constatare come le persone nell'affrontare un tragitto improvvisino percorsi irregolari, sempre leggermente differenti gli uni dagli altri ... come nel caso degli scontri tra particelle in un acceleratore. viene infatti sollevato l'interrogativo se “vi siano relazioni fra la casualità dei numeri primi e il nostro agire, il nostro pensare, il nostro procedere nella vita”.
“la nostra terra in quattro teoremi” invece ci invita a riflettere sulle innumerevoli applicazioni connesse ad un teorema. in questo caso “le lezioni di matematica seguite dagli artisti fanno nascere melodie per pianoforte ideate secondo una grammatica nuova”.
non poteva mancare anche un accenno alla tanto mistificata “sezione aurea”. con l'opera “nautilus” prende infatti forma una figura elicoidale tridimensionale ricavata rispettando la successione fibonacci 1,1,2,3,5,...
si tratta di un'installazione tridimensionale e contemporaneamente di un affronto alla gravità. proprio la resistenza alla caduta genera una forma sospesa in uno spazio tridimensionale molto più ricco di possibilità combinatorie di uno spazio piano. la stessa situazione senza la quale strutture biologiche fondamentali come il dna (non a caso di forma elicoidale) non potrebbero esistere ed avere tutte quelle proprietà. in questo caso l'evidenza di questa opposizione è data da pietre sospese a mezz'aria trattenute e annodate a diverse altezze con delle corde.
infine mentre un gruppo di artisti e studenti è impegnato in un laboratorio di origami, un ultimo sguardo ai piccoli soldatini in plastica che a frotte sembrano moltiplicarsi sotto l'influsso di un qualche teorema fino a cadere dalle scaffalature modulari che li ospitano. ma davvero “i primi” a cadere? oppure ancora oggi possiamo verificare l'ipocrisia di un ”prima le donne e i bambini” che nelle guerre vede ancora tanti civili inermi morire?. con l'opera “7x7” - come da pieghevole – leggiamo: “i primi 49 numeri primi diventano i plotoni di soldati chiusi all'interno delle mura dell'installazione parietale. cosa sono le squadre militari se non semplici numeri? le regole marziali sono associate all'incasellamento delle miniature e la solitudine degli individui rimanda metaforicamente a quelle dei numeri primi, infiniti e misteriosi, e alla loro forza dirompente”.
opere di:
cristina giudice, claudio pieroni, corso di pittura accademia albertina di belle arti di torino, gruppo radici: fabrizio amante, agostina bucci, federica beretta, giulia gallo, davide merello, giulia panizza, enrico partengo, ermal rexhepi, alejandro tamagno, angela viora.
un progetto promosso dall'accademia albertina di belle arti di torino. dipartimento di matematica, università di torino.
a cura di lorenza accusani e eva filoramo.
contenuti scientifici: franco pastrone, gemma gallino - dipartimento di matematica, università di torino.
collaborazione di annamaria federici, adriano vecchio, matteo curallo, corso di musica elettronica e nuove tecnologie, conservatorio statale di musica g.verdi - torino.
allestimento di paolo di domenico.
l'articolo è stato scritto da paola zorzi – biella-pralungo, luglio 2010.
note:
1- eulero nel 1736 utilizzò un grafico per dimostrare che non era possibile attraversare i sette ponti della città di königsberg, situata su quattro isolette, in una sola volta e tornare al punto di partenza. Enunciato: “un qualsiasi grafo è percorribile (passando sugli spigoli una ed una sola volta) se e soltanto se ha tutti i nodi “di grado pari”, o due di essi sono di grado dispari; per percorrere un grafo di quest’ultimo tipo, cioè con due nodi di grado dispari, è necessario partire da uno di essi e terminare il percorso sull’altro nodo dispari”.
2 – teorema di pitagora, enunciato: in ogni triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.
3 - dimostrazione dell’infinita’ dei numeri primi
: un numero maggiore dell'unità si dice primo se ha solo due divisori distinti: 1 e se stesso.
tra 1 e 10 ci sono 5 numeri primi;
tra 10 e 100 ce ne sono 21;
tra 9.999.900 e 10.000.000 ce ne sono 9;
tra 10.000.000 e 10.000.100 ce ne sono 3.
questa è la legge di rarefazione dei numeri primi. secondo questa legge si può pensare che i numeri primi siano in numero finito, ma non è così, infatti, euclide dimostrò che i numeri primi sono infiniti.
dimostrazione (metodo indiretto):
si suppone che i numeri primi siano in numero finito.
esiste allora il numero primo più grande di tutti (max=massimo).
se si esegue il prodotto tra max e tutti i numeri primi che lo precedono e si aumenta di 1 il risultato, si ottiene un nuovo numero primo n più grande di max: infatti dividendo n per ciascun numero primo si ottiene sempre resto 1.
questa è un’assurdità perché è in contrasto con il fatto che max sia il più grande numero primo. perciò si conclude che i numeri primi sono infiniti.
e.mail:
a.costruttiv@virgilio.it
www.a-costruttiva.it
fotografie di paola zorzi
|